LE PROCURATIE


Le Procuratie Nuove e le Procuratie Vecchie che delimitano lateralmente la piazza ospitavano gli uffici dei 9 Procuratori di S.Marco, i più alti funzionari della Repubblica dopo il Doge, che si occupavano di sovraintendere alla Basilica, alla Piazza e ai sei sestieri Glossario della città.
Nel 1585 l'ambasciatore veneziano ad Istanbul raccontò al Senato che i turchi bevevano "un'acqua nera molto calda, tratta da un seme chiamato Kahavè, che consente di non addormentarsi". Questo seme torrefatto e macinato era considerato un medicamento e venne venduto per la prima volta a Venezia nel 1638 ad un prezzo molto elevato nella prima bottega del caffè, situata proprio sotto le procuratie. Nel giro di pochi anni i caffè si moltiplicarono ed un secolo dopo nella sola piazza se ne contavano 24. In questi luoghi si tenevano incontri tra letterati, ci si dedicava alla grande passione veneziana, il gioco, ma non mancavano neppure gli intrighi amorosi tanto che nel 1767 il governo ne proibì l'accesso alle donne. La fama di questi luoghi crebbe sempre più e nel 1720 venne aperto uno dei caffè più eleganti: il caffè "Alla Venezia trionfante" che veniva frequentato dall'alta società veneziana e da personaggi di grande fama quali Carlo Goldoni, i fratelli Gozzi, Antonio Canova, ma che è rimasto nella storia con il nome del suo primo proprietario Floriano Francesconi. Stiamo naturalmente parlando del
Caffè Florian. Nel 1775 poi Giorgio Quadri decise di aprire un altro caffè proprio di fronte al Florian, dove per la prima volta veniva servito vero caffè turco. Per molto tempo il locale godette di cattiva reputazione, tanto che il proprietario si indebitò fortemente, ma a partire dal 1830 una elegante clientela portò al Caffè Quadri la fama di cui ancora oggi gode.
Nemmeno il grande Giacomo Casanova sembrava essere immune dal fascino dei locali e delle botteghe delle Procuratie. Questi, incarcerato nei Piombi per ordine degli Inquisitori di Stato con l'accusa di condurre una vita dissoluta e soprattutto di propaganda antireligiosa tentò due volte di fuggire. La prima volta, proprio quando aveva terminato il buco nel pavimento che doveva portarlo nelle sale sottostanti e quindi alla libertà, venne cambiato di cella rendendo vano il suo tentativo. Fu la sua fortuna perchè aveva sbagliato i conti: sarebbe finito dritto dritto nella Sala degli Inquisitori! La seconda volta, con l'aiuto di padre Balbi, suo compagno di cella, si arrampicò fino ai tetti da cui ridiscese attraverso un abbaino dentro una soffitta, attraversò tutto il palazzo fino ad arrivare alla Sala Quadrata che portava direttamente alla scala d'oro, cioè all'entrata principale del
Palazzo. Qui si affacciò ad una finestra e si fece vedere da un guardiano che, scambiatolo per un uomo politico rimasto chiuso dentro, lo fece uscire. Ma prima di prendere la gondola che l'aspettava in bacino e che l'avrebbe portato in salvo in terraferma, non potè fare a meno di compiere l'ultima passeggiata sotto le Procuratie e di fermarsi a prendere un caffè al Florian. Raggiunse Parigi ma vent'anni dopo riuscì a tornare nella "sua" Venezia per non lasciarla mai più.


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